E fu così che nel 1936 da un Recioto trascurato, nacque l’Amarone!
Ma andiamo per ordine…
Questo viaggio fiabesco nell’enologia inizia a Novare, un magnifico complesso collocato in una vallata di vigneti e boschi all’estremità orientale della Valpolicella Classica.
Al centro dell’aneddoto è Villa Mosconi Bertani, imponente edificio neoclassico riccamente decorato con sculture e affreschi dove tutto attorno si scorgono gli edifici rustici, coi fruttai per l’appassimento delle uve, spaziose cantine e una cappella consacrata a San Gaetano.
Sul retro, il grande giardino romantico con alberi secolari e il pittoresco laghetto dove amavano trascorrere la bella stagione illustri intellettuali d’altri tempi.
Storia, fascino e miti della Villa
In un’insenatura ricca di acque e sempre baciata dal sole, percorrendo una dolce strada bianca che corre tra i vigneti all’imbocco della valle di Novare, sbalza all’improvviso la scenografica facciata di Villa Mosconi Bertani e Tenuta Santa Maria.
Edificata per la famiglia Fattori a partire dal 1735 su progetto di Lodovico Perini prima e di Adriano Cristofali poi, fu ceduta incompiuta nel 1769 ai Mosconi che ne completarono la realizzazione espandendo notevolmente l’attività vinicola per le feritili caratteristiche del territorio circostante.
La valle di Novare aveva infatti già allora un grande interesse geologico e idrologico per le sette fonti perenni che alimentavano in epoca romana l’acquedotto della città di Verona e i ricchi giacimenti ferrosi sfruttati in antichità.
Per questo si crede che fu sede di produzione vitivinicola già in epoca romana. Le prime testimonianze scritte parlano di una cantina di produzione già dal X secolo dopo Cristo (anno 900 d.C.).
Ma non fu fertile solo di terra. Anche d’intelletto…
A fine ‘700 diventò un animato salotto letterario frequentato da esponenti della cultura del tempo, tra cui Ippolito Pindemonte e Ugo Foscolo.
In seguito al passaggio di testimone alla famiglia Trezza, venne acquistata nel 1953 e ristrutturata dalla famiglia Bertani per farne sede di rappresentanza dell’omonima cantina.
Dal 2012 è proprietà della famiglia di Gaetano Bertani che in questa sede continua la tradizione di famiglia nella produzione di vini.
La Costruzione in tufo tenero
Il complesso è un tipico esempio dell’idea palladiana della Villa Veneta con integrazione nel progetto architettonico sia della parte produttiva e agricola legata al vino, che di quella residenziale e padronale.
L’edificio padronale è a tre piani e consta di un’intelaiatura architettonica scandita da un doppio ordine: tuscanico al pianterreno e ionico al piano superiore. Nella parte centrale, la facciata principale, si conclude con un timpano che contiene lo stemma aggiunto dai Trezza, sul quale spiccano cinque statue di divinità mitologiche.
La villa accoglie gli ospiti in una ampia sala neoclassica (Sala delle Muse) con un soffitto adornato con una affresco ispirato alle quattro stagioni.
Lo scorrere del tempo (con un chiaro riferimento al contesto agricolo nel quale ci si trovava e ancora ci si trova) rappresenta infatti il tema principale dell’affresco sul soffitto. Al suo centro, seduta tra fiori variopinti, spicca Flora e alla sua sinistra in basso si hanno la Primavera e l’Estate, dipinte con tonalità calde e brillanti. Sul lato opposto, in evidente contrasto cromatico, in quanto rappresentati tra cupe nubi temporalesche, si trovano l’Autunno e l’Inverno. Tra tutti poi, sta Zefiro, che si libra nell’aria seguito da festosi angioletti, mentre sullo sfondo si scorge Apollo sul suo carro.
All’interno del giardino sono ancora presenti statue e sedute oltre a una piccola fontana zampillante. L’ampia area cintata da un muro di oltre 3 km, posta alle spalle della villa, non solo racchiude il giardino ma anche un vasto vigneto tanto da dare al complesso paesaggistico le valenze di un giardino-campagna.
Su oltre 14 ettari di terreno si diramano le viti “Guyot”, sinonimo di grande specializzazione della cantina nella produzione ed esportazione di vini di pregio.
Il Parco delle favole
Dal retro della villa si accede al “giardino segreto”, un pittoresco parco in stile inglese con alberi secolari, alcuni di provenienza esotica come voleva la moda dell’epoca.
A completare l’effetto scenografico, un laghetto con al centro un isolotto e una “sala da tè” che ricorda quelle fiabe svizzere ambientate tra verdi montagne.
Si dice che fu voluta come luogo adibito alla contemplazione della natura e al raccoglimento dal poeta Ippolito Pindemonte, a lungo ospite dei Mosconi, ispirato dai suoi soggiorni fra la natura francese presso amici di Jean-Jacques Rousseau.
Le imponenti Cantine
Un tempo le cantine della Valpolicella erano il più delle volte piccole e improvvisate.
Il vino veniva prodotto per un consumo veloce, assieme a numerosi altri prodotti.
Per Villa Mosconi Bertani però si scelse una strada controtendenza.
Contemporaneamente alla villa, fu realizzata una grande cantina, ampia e funzionale, con soluzioni tecniche avanzate per la produzione e l’invecchiamento di grandi quantità di vino, non solo per il consumo locale, ma anche per la commercializzazione fuori dal territorio veronese.
Probabilmente il pezzo forte che merita tutta la visita alla tenuta, sono le vecchie botti di fine Ottocento che si possono tuttora ammirare nelle sotterranee e buie cantine storiche.
Non si può che rimanere ammaliati dalla loro imponenza, alcune superano addirittura i 100 ettolitri.
Il primo impianto risale al padre fondatore Giacomo Fattori nella seconda metà del ‘700. Con l’arrivo della famiglia Trezza, nei primi anni del ‘900, la cantina subisce una profonda opera di rinnovamento sia nella struttura che nelle attività enologiche; per trovare il lustro e la qualità dei giorni nostri con la famiglia Bertani.
Camminare tra le mura di una delle più antiche cantine esistenti, respirare i profumi, toccare le vecchie botti di legno ha un significato magico e simbolico tanto da rendere qualunque osservatore privilegiato di poter assaporare tanta storia.
Gli antichi Fruttai
I fruttai sono gli ambienti dove le uve, accuratamente selezionate, trascorrono i mesi di appassimento perché possano trasformarsi in vino.
Quelli storici di Villa Mosconi Bertani sono tra i più rappresentativi del metodo tradizionale. Infatti qui, vengono utilizzate le vecchie “aréle”, ripiani di incannucciato impilati su apposite strutture perfettamente conservate e funzionali, tuttora ricolme di uva in appassimento nel periodo scandito dai ritmi delle vigne.
La nascita dell’Amarone
La leggenda vuole che qui, nel 1936, sia stato commesso il “fatale errore” che ha regalato al veneto e all’Italia uno dei suoi vini più pregiati.
Di fatti, il cantiniere Adelino Lucchese si dimenticò di una botte di Recioto dolce che col tempo diventò molto amaro e si trasformò in quello che conosciamo meglio come il secco e corposo Amarone classico della Valpolicella.