Forse ci si chiederà se la chiesetta immersa nelle Langhe e meta di oltre 60.000 pellegrini l’anno sia il risultato di una serata in cui qualcuno ha alzato troppo il gomito…
In realtà, al di là del fenomeno turistico che ha catturato l’attenzione e i gps di molti, c’è una storia che ha dello straordinario e che vale la pena raccontare.
Costruita nel 1914 come riparo per chi lavorava nelle vigne circostanti in caso di temporali o grandinate, e mai consacrata, la Cappella di SS. Madonna delle Grazie fu acquistata dalla famiglia Ceretto nel negli anni ‘70 assieme a 6 ettari del prestigioso vigneto di Brunate. Lasciata in disuso e in balia del tempo che trascorreva inesorabile contribuendo alla sua lenta rovina, si è trasformata da rudere in uno degli edifici più noti del territorio piemontese grazie alla reinterpretazione di due artisti di fama internazionale.
Parliamo di David Tremlett e Sol LeWitt, e pare che la scintilla sia scoppiata dinnanzi a un bicchiere di Barolo e alla maestosità del paesaggio. Agli artisti è piaciuta subito l’idea di recuperare l’edificio in rovina e dopo essersi divisi equamente i compiti, a Tremlett le decorazioni interne, calde e serene, a LeWitt l’intervento esterno, giocoso, vivace, gli hanno dato nuova vita.
“Non lo penso come chiesa, e neppure come edificio, quadro oppure scultura. Lo penso come oggetto, opera d’arte, per la quale usare il colore” ha affermato Lewitt. E Tremlett: “Abbiamo voluto accendere il fuoco sulla collina”.
È proprio così, bastano pochi tocchi di colore a rendere un posto davvero speciale, ed è quanto è accaduto al piccolo borgo La Morra, con quella che si fa anche chiamare per l’appunto “La cappella delle Brunate” o più comunemente “La cappella del Barolo”.
Nel 1998 partirono i lavori di ristrutturazione, l’anno seguente invece iniziò l’intervento artistico.
Lewitt ricoprì le pareti di moduli geometrici dalle tinte molto accese: viola, arancione, giallo, verde e rosso, affiancate le une alle altre, talvolta separate da linee nere, a creare motivi ondulati che ricordano i dolci profili tracciati dai vigneti sulle colline. Le forme morbide alludono al paesaggio circostante, mentre i colori esasperati, sono portati all’eccesso con tonalità abbaglianti, per colpire l’occhio dello spettatore anche da lontano, a fare della chiesetta un punto di attrazione per le persone di passaggio.
Gli interni vennero invece progettati e realizzati da Tremlett con ha un’atmosfera più raccolta; le tinte smorzate nei colori bruni della terra. Decorate le pareti e il soffitto con volta a botte, realizzò un nuovo pavimento in marmo, le finestre ovali chiuse da vetrate che provengono da Murano.
La parte più curiosa di tutta la storia però è il particolare metodo di ricompensa che Bruno Ceretto scelse per gli artisti di quest’opera d’arte a cielo aperto: una bottiglia del prezioso vino Barolo, ogni settimana, vita natural durante.
A poco più di vent’anni di distanza dal suo restauro, così si può riassumere la storia della cappella del Barolo, o cappella delle Brunate, un “arcobaleno tra le colline” che incanta con i suoi colori e la sua aura quasi magica che la si scopra per caso durante un giro in bicicletta o che si vada a cercarla di proposito.